Il potere di disposizione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ex art. 14 D.lgs. 124/2004 alla luce di quanto statuito dal Consiglio di Stato con Sentenza n. 2778/2024

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2778/2024, riformando la pronuncia del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia n. 155/2021, ha incluso tra le irregolarità che possono formare oggetto del provvedimento di disposizione ex art. 14 D.lgs. n. 124/2004 anche le violazioni dei contratti e accordi collettivi di lavoro.

Secondo il Consiglio di Stato tale inclusione esprime una valutazione dell’ordinamento di rilevanza pubblicistica dell’esigenza di una piena ed effettiva applicazione dei contratti e accordi collettivi di lavoro, tale da meritare attenzione a livello amministrativo “anche indipendentemente dalle reazioni e iniziative civilistiche dei singoli lavoratori interessati”.

Inoltre, sempre secondo il Consiglio di Stato, la disposizione normativa assolve anche a un’importante funzione preventiva e deflattiva del contenzioso giuslavoristico, grazie alla conformazione da parte del datore di lavoro al provvedimento di disposizione ispettivo.

1. La disciplina normativa del potere di disposizione

La disciplina del potere di disposizione in capo al personale ispettivo è contenuta nell’art. 14 del D.lgs. 124/2004, oggetto di un’importante riformulazione ad opera dell’art. 12-bis del D.L. 76/2020.

Nella formulazione previgente, la norma prevedeva che:

Le disposizioni impartite dal personale ispettivo in materia di lavoro e di legislazione sociale, nell’ambito dell’applicazione delle norme per cui sia attribuito dalle singole disposizioni di legge un apprezzamento discrezionale, sono esecutive”.

Nel 2020, il D.L. 76/2020, convertito con modificazioni dalla L. 120/2020, con l’art. 12-bis ha interamente ritrascritto l’art. 14, D.lgs. 124/2004, ampliando in modo considerevole l’ambito di applicazione del potere di disposizione del personale ispettivo, così da garantire una maggiore tutela ai lavoratori.

Il nuovo testo, oggi vigente, recita così:

 “1. Il personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro può adottare, nei confronti del datore di lavoro, un provvedimento di disposizione, immediatamente esecutivo, in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative.

2. Contro la disposizione di cui al comma 1 è ammesso ricorso, entro quindici giorni, al direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro, il quale decide entro i successivi quindici giorni. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso non sospende l’esecutività della disposizione.

3. La mancata ottemperanza alla disposizione di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 500 euro a 3.000 euro. Non trova applicazione la diffida di cui all’art. 13, comma 2, del presente decreto.”

Secondo l’attuale formulazione della norma, dunque, il potere di disposizione può essere esercitato in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative.

Tramite il potere di disposizione, il personale ispettivo può ordinare al datore di lavoro, mediante l’adozione di un provvedimento scritto immediatamente esecutivo, di eliminare le irregolarità accertate entro un determinato lasso di tempo, ordinariamente di 30 giorni, fatte salve eventuali necessità ampliative da valutare caso per caso in ragione della natura della violazione accertata

In caso di mancata ottemperanza al provvedimento, la norma dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa che va da Euro 500 fino a Euro 3.000.

2. Chiarimenti operativi forniti dall’INL

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto più volte sul tema del “nuovo” potere di disposizione in capo al personale ispettivo, al fine di fornire istruzioni certe e precise sull’ambito di applicazione di detto potere.

In particolare, con la Circolare n. 5 del 30 settembre 2020 l’INL ha innanzitutto evidenziato come la nuova formulazione dell’art. 14 abbia determinato un notevole ampliamento dell’ambito di applicazione del potere di disposizione, nell’ottica di garantire una maggiore tutela ai lavoratori e, in generale, un maggior rispetto della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale.

Quanto all’effettivo ambito applicativo del nuovo art. 14, l’Ispettorato ha precisato come il potere di disposizione possa essere esercitato sia in caso di mancato rispetto di norme di legge sprovviste di una specifica sanzione che di norme del contratto collettivo, applicato anche di fatto dal datore di lavoro.

Non appare invece opportuno il ricorso al potere di disposizione con riferimento ad obblighi che trovano la loro fonte in via esclusiva in una scelta negoziale delle parti, non derivanti quindi dalla legge o da previsioni collettive, fermo restando che, qualora tali obblighi abbiano natura patrimoniale, è sempre possibile il ricorso allo strumento della diffida accertativa o della conciliazione monocratica.

Nella Circolare, l’Ispettorato ha inoltre avuto modo di chiarire che la riedizione dell’art. 14 D.lgs. 124/2004 non ha inciso sulla vigenza degli artt. 10 e 11 del DPR 520/1955 [1], che disciplinano l’originario potere di disposizione.

L’intervento operato dal Legislatore con l’art. 12-bis del D.L. 76/2020, infatti, ha prodotto esclusivamente l’effetto di estendere il potere di disposizione, rendendolo applicabile:

– in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative (art. 14, comma 1, D.lgs. 124/2004, come modificato dall’art. 12-bis D.L. 76/2020);

– in materia di prevenzione infortuni, nonché per l’applicazione di norme obbligatorie per cui sia attribuito all’Ispettorato dalle singole leggi un apprezzamento discrezionale (art. 10, DPR 520/1955).

Quanto alle conseguenze sanzionatorie che derivano dall’inosservanza delle due disposizioni legislative sopra richiamate, si precisa quanto segue.

In caso di inosservanza della disposizione di cui al nuovo art. 14 D.lgs. 124/2004, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa che va da Euro 500 ad Euro 3.000, senza possibilità di applicare la procedura di diffida di cui all’art. 13 del medesimo D.lgs. 124/2004.

Invece, l’inottemperanza all’art. 10 D.P.R. 520/1955 continua ad essere punita:

  • con la sanzione amministrativa da Euro 515 a Euro 2.580;
  • con la pena dell’arresto fino a 1 mese o dell’ammenda fino a Euro 413 se l’inosservanza riguarda disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di sicurezza o igiene del lavoro.

Ulteriori chiarimenti applicativi sono stati forniti dall’Ispettorato con una successiva nota del 15 dicembre 2020, n. 4539, nella quale è stato ribadito come la disposizione possa essere adottata in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano soggette ad apposite sanzioni penali o amministrative, nonché in caso di mancata o errata applicazione di obblighi normativi e contrattuali.

Con riferimento a quest’ultimi, l’Ispettorato ha precisato che gli stessi sono quelli previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, applicato anche di fatto dal datore di lavoro, con esclusivo riferimento alla parte economica e normativa dello stesso, restando invece esclusa la parte obbligatoria.

La Nota, allineandosi con quanto già indicato nella Circolare, sottolinea nuovamente come non sia possibile ricorrere all’esercizio del potere dispositivo con riferimento ad obblighi che trovano la loro fonte in via esclusiva in una scelta negoziale delle parti, non derivanti dalla legge o da previsioni collettive, fermo restando che, qualora tali obblighi abbiano natura patrimoniale, sussiste sempre la possibilità di ricorrere allo strumento della diffida accertativa o della conciliazione monocratica.

Dal momento che l’art. 14 dispone testualmente che le irregolarità soggette al potere di disposizione devono essere sprovviste di sanzioni esclusivamente penali o amministrative, l’Ispettorato precisa come detto potere possa trovare applicazione laddove l’irregolarità sia soggetta a una sanzione civile.

Il provvedimento di disposizione può essere adottato anche in relazione a comportamenti pregressi, qualora la condotta richiesta possa effettivamente sanare la violazione dell’obbligo o sia funzionale ad evitare la sua ripetizione in futuro.

L’Ispettorato ha poi chiarito come l’utilizzo della disposizione debba comportare una valutazione complessiva della fattispecie oggetto di accertamento, così da fornire al lavoratore una tutela effettiva.

Pertanto, si deve evitare l’adozione del provvedimento di disposizione nel caso in cui, seppur consentita, la stessa possa determinare possibili effetti sfavorevoli nei confronti di altri lavoratori.

3. La Sentenza n. 2778/2024 del Consiglio di Stato

Come sopra anticipato, il Consiglio di Stato è recentemente intervenuto sulla tematica concernente il potere di disposizione in capo al personale ispettivo dell’INL, riformando parzialmente la pronuncia n. 155/2021 resa dal T.A.R. Friuli Venezia Giulia.

Il caso sottoposto all’esame del Collegio riguardava una controversia insorta tra l’Ispettorato ed un Patronato a seguito dell’adozione di un provvedimento di disposizione da parte dell’ITL con cui quest’ultimo chiedeva al Patronato di rivedere l’inquadramento di alcuni dipendenti, considerato non conforme rispetto alle disposizioni contrattuali vigenti.

In primo grado, il T.A.R. aveva accolto il ricorso presentato dal Patronato, escludendo che l’inquadramento dei lavoratori in una categoria contrattuale diversa da quella asseritamente spettante rientrasse tra le irregolarità che potevano essere contestate dall’Ispettorato nell’esercizio del potere di disposizione previsto dall’art. 14.

In particolare, il T.A.R. non aveva ritenuto che disporre l’inquadramento dei lavoratori in una categoria contrattuale diversa potesse rientrare tra le “irregolarità (…) in materia di lavoro e legislazione sociale”, che l’Ispettorato avrebbe potuto contestare in virtù del proprio potere di disposizione. Il Giudice amministrativo ha rilevato che “la norma parla di “irregolarità”, termine con il quale si è soliti definire una difformità rispetto alla fattispecie legale, priva di espressa sanzione giuridica (come del resto specificato dalla stessa norma, che esclude i casi in cui le irregolarità “siano già soggette a sanzioni penali o amministrative”). Deve trattarsi, quindi, della violazione di norme c.d. “imperfette”, che al comando giuridico non accompagnino alcuna sanzione. L’adibizione del lavoratore a mansioni non corrispondenti alla categoria di inquadramento di cui al C.C.N.L. corrisponde, invece, ad una condotta di inadempimento di un obbligo di fonte legale – sancito dall’art. 2103 c.c.”, cui l’ordinamento ricollega la specifica tutela prevista dal 7° comma dell’art. 2103 c.c.

Tale impostazione non è stata ritenuta condivisibile dal Consiglio di Stato, il quale, riformando del tutto le conclusioni cui era giunto il T.A.R. in merito all’effettiva estensione del potere di disposizione, ha precisato che “anche l’art. 14 si riferisca alle norme della legge o del Contratto collettivo atteso che il decreto n. 124, laddove abbia inteso delimitare il proprio ambito di applicazione, lo ha chiarito espressamente, con la conseguenza che nel silenzio della disposizione pare poter estendere ai “poteri di disposizione” nelle “materie di lavoro e legislazione sociale” lo stesso ambito di applicazione dei “poteri di diffida” dell’art. 13 [2]”.

Il Consiglio di Stato ha poi rilevato che “l’art. 14 non ha inteso introdurre una ulteriore limitazione alla propria applicazione, da aggiungere “ai casi in cui la fattispecie sia già oggetto di sanzione amministrativa e penale”, id est le ipotesi in cui per il lavoratore sia prevista una forma di tutela. Al contrario, la scelta di includere tra le “irregolarità” che possono formare oggetto del “Provvedimento di disposizione” anche le violazioni dei contratti e accordi collettivi di lavoro esprime una valutazione dell’ordinamento di rilevanza pubblicistica dell’esigenza di una piena ed effettiva applicazione degli stessi, tale da meritare attenzione a livello amministrativo anche indipendentemente dalle reazioni e iniziative civilistiche dei singoli lavoratori interessati”.

Da ultimo, il Consiglio di Stato ha evidenziato come il meccanismo di cui all’art. 14, D.lgs.124/2004, incentrato sulla sollecitazione di una attività “collaborativa” da parte del datore di lavoro, che può concludersi con l’eliminazione spontanea delle irregolarità riscontrate, possa svolgere anche un’importante funzione preventiva e deflattiva del contenzioso giuslavoristico.

4. Elenco delle mancanze rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 14 D.lgs. 124/2004

Al fine di comprendere con maggiore chiarezza la portata applicativa della disposizione normativa oggetto della presente disamina, si elencano di seguito alcune delle mancanze che potrebbero rientrare nello strumento della disposizione, richiamando quanto riportato dall’INL con nota del 15 dicembre 2020:

  • omesse e infedeli registrazioni sul LUL che non determinano differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali;
  • fattispecie discriminatorie di natura sindacale/politica/religiosa/razziale etc.;
  • nell’ambito del lavoro a tempo parziale:
     – mancata individuazione nel relativo contratto delle fasce orarie o dei turni di lavoro;
    – mancato rispetto delle previsioni contrattuali circa la collocazione oraria delle prestazioni dei part-time;
  • mancato rispetto della rotazione dei lavoratori da porre in Cig o in Cig in deroga;
  • riduzione del periodo di apprendistato sulla base delle previsioni contrattuali;
  • mancata concessione alle lavoratrici madri del part time post partum, sebbene in presenza dei limiti percentuali di concessione fissati dal CCNL;
  • mancata formazione dell’apprendista;
  • omessa consegna delle CU;
  • conservazione delle rilevazioni presenze mensili del personale dipendente per la durata di 5 anni dalla data dell’ultima registrazione, con obbligo di custodia nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dati personali;
  • violazione del diritto di precedenza, qualora il datore di lavoro non abbia richiamato detto diritto nella lettera di assunzione di un lavoratore con contratto a termine;
  • assegnazione formale a mansioni superiori, in conseguenza della quale il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva;
  • adibizione formale del lavoratore a mansioni inferiori, al di fuori delle ipotesi derogatorie previste dall’art. 2103 c.c.
  • carenze formative nel contratto di apprendistato.

5. Rimedi esperibili avverso il provvedimento di disposizione

Il comma 2 del citato art. 14 prevede che contro la disposizione è possibile presentare ricorso, entro 15 giorni, al direttore dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, il quale decide entro i successivi 15 giorni.

Decorso inutilmente detto termine, il ricorso si intende respinto.

In ogni caso, la presentazione del ricorso non sospende l’esecutività della disposizione.

Quale ulteriore rimedio esperibile avverso la disposizione, l’interessato può proporre l’impugnazione davanti al giudice amministrativo.

La disposizione, infatti, è un provvedimento amministrativo immediatamente esecutivo, ovverosia efficace e vincolante per il destinatario, il quale è tenuto a conformarsi a quanto in esso previsto, pena l’applicazione della sanzione pecuniaria.

Sul punto, preme rilevare come il Consiglio di Stato, nella Sentenza sopra richiamata, abbia precisato che “in caso di mancata impugnazione del “Provvedimento di disposizione”, il contenuto di quest’ultimo, e segnatamente le “irregolarità” con esso accertate, non potrebbero essere rimessi in discussione in sede di impugnazione della successiva sanzione

Dunque, secondo il Consiglio di Stato, nell’eventuale giudizio di opposizione instaurato davanti al Giudice ordinario avverso l’ordinanza di ingiunzione relativa all’omesso pagamento delle sanzioni, non sarebbe possibile ridiscutere delle asserite irregolarità accertate dal personale ispettivo.

 

Lo Studio rimane a disposizione per l’analisi di casistiche specifiche.

 

Prato, 1° ottobre 2024

 

[1] Art 10: “Le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di prevenzione infortuni sono esecutive. Sono parimenti esecutive, quando siano approvate dal capo dell’ispettorato provinciale competente, le disposizioni impartite dagli ispettori per l’applicazione di norme obbligatorie per cui sia attribuito all’Ispettorato dalle singole leggi un apprezzamento discrezionale.
Contro tali disposizioni è ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale entro quindici giorni, salvo quanto disposto dal successivo art. 31.
Il ricorso non ha effetto sospensivo, salvo i casi nei quali la sospensione sia espressamente stabilita da disposizioni legislative o regolamentari, o il Ministro ritenga di disporla”.

[2] L’art. 13, comma 2, del D.lgs. 124/2004 (Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica) dispone che “In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, ai sensi dell’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4.”