Indennità di risoluzione del contratto di agenzia: Codice Civile o Accordo Economico Collettivo?

Al momento della cessazione del rapporto per volontà del committente all’agente spetta un’indennità che attualmente viene disciplinata in maniera differente dal Codice Civile e dagli Accordi Economici Collettivi. I sistemi di determinazione previsti dalla Contrattazione Collettiva sono più chiari e facilmente applicabili rispetto a quelli previsti dal codice civile, tuttavia l’art.1751 cc può consentire all’agente di ottenere una somma ben maggiore rispetto a quella prevista dagli AEC.

A tal proposito è sorto un lungo dibattito giurisprudenziale in merito a quale trattamento (legale o contrattuale) si debba liquidare all’agente.

In seguito alla pronuncia chiarificatrice della Corte di Giustizia UE (C.Giust. CE 23 marzo 2006 C-465/04) l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che le indennità previste dagli AEC costituiscano un “trattamento minimo garantito” per l’agente, che va dunque sempre corrisposto (Cass. 10 giugno 2009 n. 12724; Cass. 2 aprile 2008 n. 8483; Trib. Torino 26 gennaio 2010).

Nello specifico:

L’art 1751 del Codice Civile prevede che l’indennità di risoluzione può arrivare fino ad un massimo pari alla media delle provvigioni riscosse dall’agente negli ultimi 5 anni (o, se il contratto dura da meno di 5 anni, sulla media del minor periodo lavorato)

Gli AEC prevedono una indennità di risoluzione composta da tre istituti con vari sistemi di calcolo: il FIRR, l’Indennità Suppletiva di Clientela e l’Indennità Meritocratica. Soltanto per quest’ultima è previsto che possa sommarsi a quanto risultante da FIRR e ISC fino al massimo previsto dall’art. 1751 del CC.

Il problema quindi non si pone nel caso in cui FIRR e Indennità Suppletiva siano superiori al limite di legge, ma se i due istituti sono inferiori a quanto previsto dall’art. 1751 entra in giorno l’indennità meritocratica verificandosi due ipotesi:

  1. FIRR + ISC + Meritocratica sono maggiori del limite ex art. 1751. In questo caso si applica il limite massimo previsto dal 1751.
  2. FIRR + ISC + Meritocratica sono inferiori al limite ex art. 1751. In questo caso l’agente può chiedere una somma maggiore utilizzando i criteri di calcolo indicati dalla Relazione della Commissione Europea del 23/07/1996. Il totale non potrà comunque superare il limite ex art. 1751.

Spesso le parti stipulano accordi, anche di natura transattiva, per determinare l’ammontare dell’indennità di cessazione del rapporto. Se l’agente svolge la propria attività in maniera prevalentemente personale, la relativa rinuncia o transazione, ove non formalizzata nelle sedi competenti (ad esempio sede sindacale, ITL, autorità giudiziaria), è soggetta ad impugnazione da parte dell’agente medesimo entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o transazione, se intervenuta successivamente (art. 2113 c.c.; v. n. 39850 e s.).

Il diritto all’indennità decade se nel termine di un anno dalla risoluzione del contratto l’agente non la richiede (è sufficiente un qualsiasi atto, anche stragiudiziale, con il quale si richiede il pagamento dell’indennità).

Agente o Procacciatore d’affari?

Mentre l’agente è colui che assume stabilmente l’incarico di promuovere per conto del preponente o mandante la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 del c.c.), il procacciatore d’affari invece è colui che si limita in via occasionale e discontinua a raccogliere le ordinazioni dei clienti trasmettendole alla ditta da cui riceve una provvigione.

Le caratteristiche distintive del procacciatore sono quindi in sintesi:

  • occasionalità
  • discontinuità
  • assenza di predeterminazione della sfera territoriale
  • assenza di vincoli di fedeltà.

La prestazione del procacciatore d’affari, a differenza dell’agente, rientra nel lavoro autonomo occasionale e, pertanto, non prevede alcuna indennità di risoluzione del rapporto.

 

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Prato, 18 ottobre 2023